Oltre il corpo anche la mente deve rimanere sana e attiva

The Ageless Brain
di Dale Bredesen


C’è un momento nella vita in cui ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando. Entriamo in una stanza e dimentichiamo perché. Cerchiamo le chiavi che avevamo in mano un minuto fa. O ci sfugge una parola che fino a ieri era familiare. Spesso liquidiamo questi episodi con una battuta: “Eh, l’età…”.
Ma secondo il neurologo Dale Bredesen, autore del libro The Ageless Brain, questo atteggiamento è il primo errore. Perché l’invecchiamento cognitivo non è un destino inevitabile. È, invece, un processo che può essere rallentato – e in alcuni casi persino invertito – attraverso scelte consapevoli, test mirati e una nuova mentalità verso il cervello e la longevità.
Chi è l’autore
Il Dr. Dale E. Bredesen è un medico e neuroscienziato di fama internazionale, specializzato nelle malattie neurodegenerative. Dirige il Pacific Neuroscience Institute di Los Angeles ed è autore di altri libri noti come The End of Alzheimer’s, The End of Alzheimer’s Program e The First Survivors of Alzheimer’s. Da anni studia i meccanismi che portano al declino cognitivo, cercando non solo di rallentarlo, ma di invertire la traiettoria verso la demenza attraverso protocolli personalizzati che uniscono scienza, nutrizione e stile di vita.
Un messaggio rivoluzionario: la mente può ringiovanire
Il libro parte da un presupposto radicale: la mente non è destinata a deteriorarsi con l’età. Il cervello, spiega Bredesen, è un organo straordinariamente plastico, capace di adattarsi, rigenerarsi e cambiare.
Casi come quello di Nina, una donna di quarant’anni che inizia a notare episodi di smemoratezza e confusione, sono sempre più comuni. Molti li considerano “normali”, ma Bredesen li interpreta come segnali di allarme. Grazie a test cognitivi come il Montreal Cognitive Assessment (MoCA), Nina scopre un punteggio inferiore alla norma e, con un intervento mirato, riesce a invertire la tendenza.
Il messaggio centrale del libro è potente: non dobbiamo aspettare che i sintomi diventino gravi per agire. La prevenzione deve iniziare il prima possibile, ma non è mai troppo tardi per prendersi cura del proprio cervello. Anche chi ha più di 50 o 60 anni può migliorare la memoria, la concentrazione e la chiarezza mentale.
Capitolo 1 – Capire il declino cognitivo
Bredesen individua sei processi chiave che determinano lo stato di salute cerebrale:
Infiammazione
Energetica (produzione di energia nelle cellule cerebrali)
Tossicità
Neurotrasmettitori
Supporto trofico (nutrienti e ormoni che sostengono i neuroni)
Stress cronico
Il cervello invecchia quando questi fattori si sbilanciano. L’infiammazione cronica, ad esempio, alimentata da cattiva alimentazione, mancanza di sonno e stress, è una delle principali cause di danno neuronale.
Per questo il primo passo è misurare. Non si tratta solo di fare test cognitivi, ma di analizzare i biomarcatori che raccontano lo stato del cervello.
Capitolo 2 – Test e biomarcatori del cervello che invecchia
Tra gli esami consigliati da Bredesen ci sono:
Glicemia e metabolismo del glucosio (per valutare la sensibilità insulinica cerebrale)
Livelli di chetoni, che indicano l’efficienza del cervello nel usare i grassi come fonte energetica
Apo B e omocisteina, legati alla salute vascolare
Hs-CRP, marker infiammatorio
GFAP (glial fibrillary acidic protein), un indicatore di infiammazione cerebrale che può aumentare fino a 10 anni prima dei sintomi dell’Alzheimer
Questi esami, spiega l’autore, dovrebbero essere eseguiti regolarmente, già a partire dai 35 anni, e ripetuti ogni 5 anni. Ma anche per chi è già oltre i 50, è un punto di partenza prezioso per fotografare la salute cerebrale e intervenire in tempo.
Capitolo 3 – La dieta del cervello longevo
“Se vuoi un cervello giovane, devi nutrirlo come se fosse il tuo organo più prezioso”, scrive Bredesen.
La dieta consigliata nel libro è plant-rich e mild ketogenic, ossia prevalentemente vegetale, con un apporto controllato di carboidrati e un uso bilanciato di grassi sani.
Ecco i principi fondamentali:
Più verdure colorate, ricche di fitonutrienti (l’autore riprende il concetto di “mangiare l’arcobaleno”).
Grassi buoni come olio extravergine d’oliva, avocado, noci e semi.
Pesce a basso contenuto di mercurio, come sardine e salmone selvaggio.
Pochi zuccheri e cereali raffinati.
Niente cibo ultraprocessato, perché accelera il declino cognitivo.
Il cervello, spiega Bredesen, ha bisogno di energia stabile, non dei picchi e cali tipici del consumo eccessivo di zuccheri.
Curiosamente, questa visione coincide con le ricerche sulla glicemia stabile e la longevità: evitare sbalzi di zucchero nel sangue non serve solo a prevenire il diabete, ma anche a proteggere i neuroni dall’infiammazione e dalla glicazione.
Anche il timing dei pasti conta. Bredesen suggerisce di non mangiare nelle tre ore precedenti il sonno, per permettere al corpo di attivare i processi di detossificazione e rigenerazione cerebrale.
Capitolo 4 – Esercizio fisico: il miglior fertilizzante per il cervello
Non è solo questione di corpo. L’esercizio fisico è uno dei più potenti stimolatori di neurogenesi, la formazione di nuove connessioni neuronali.
Secondo Bredesen, un buon programma dovrebbe includere:
Almeno 3 ore di attività aerobica a settimana (camminata veloce, nuoto, ciclismo).
Allenamento di forza regolare, fondamentale dopo i 50 anni per prevenire sarcopenia e migliorare la sensibilità insulinica.
Sessioni occasionali di HIIT (allenamento ad alta intensità) per stimolare i mitocondri.
Tecniche più avanzate come blood flow restriction training o oxygen therapy, usate in contesti clinici per potenziare il flusso sanguigno cerebrale.
Il legame tra movimento e longevità è ormai evidente. Ogni passo, ogni battito cardiaco accelerato contribuisce a nutrire il cervello, migliorare la memoria e ridurre il rischio di demenza.
Bredesen sottolinea anche l’importanza del sonno: 7-8,5 ore per notte sono ideali, con almeno 1,5 ore di sonno REM e 1 ora di sonno profondo, fasi essenziali per il consolidamento della memoria e la rimozione delle tossine neuronali attraverso il sistema glinfatico.
Capitolo 5 – Neuroplasticità: l’arte di tenere il cervello allenato
La neuroplasticità è la capacità del cervello di riorganizzarsi e creare nuove connessioni. È il segreto di una mente “ageless”.
Bredesen propone un approccio pratico e divertente: sfidare ogni giorno la mente in modo nuovo.
Ogni giorno, un piccolo esercizio diverso (fare un puzzle nuovo, cambiare strada per andare al lavoro).
Ogni mese, una sfida media (leggere un libro di un genere insolito, cucinare una ricetta mai provata).
Ogni anno, una sfida grande (imparare una lingua, uno strumento, o iscriversi a un corso impegnativo).
Questo “allenamento cognitivo progressivo” non solo stimola nuove connessioni, ma rende la mente più flessibile, pronta ad affrontare i cambiamenti della vita.
L’autore sottolinea anche il ruolo della connessione sociale: parlare, discutere, confrontarsi con persone nuove – anche con opinioni diverse – è uno dei migliori esercizi per mantenere la mente giovane.
Ogni conversazione è, in fondo, una palestra per il cervello: obbliga a decodificare segnali, interpretare toni, cercare parole e adattarsi agli altri.
Capitolo 6 – Mente, stress e longevità
Il cervello invecchia più rapidamente sotto stress cronico. Cortisolo alto, infiammazione e insonnia sono una triade pericolosa.
Per questo Bredesen consiglia pratiche di gestione dello stress che aiutano a mantenere il cervello giovane:
Meditazione e respirazione profonda, per modulare il sistema nervoso autonomo.
Yoga e camminate nella natura, per ridurre il rumore mentale.
Socialità e gratitudine, due antidoti naturali alla solitudine e al deterioramento cognitivo.
Curiosamente, le Blue Zones – i luoghi dove si vive più a lungo – presentano molti degli stessi fattori protettivi: alimentazione vegetale, movimento costante, connessioni sociali forti e una visione positiva della vita.
Il cervello longevo, in fondo, è il risultato di uno stile di vita integrato, non di una pillola miracolosa.
Capitolo 7 – Il futuro della longevità cerebrale
Le nuove frontiere della scienza – dalla genetica alla diagnostica precoce – stanno ridefinendo il concetto di “invecchiamento cerebrale”.
Bredesen cita studi che collegano varianti genetiche come ApoE4 a un rischio più alto di Alzheimer, ma invita a non farsi paralizzare dal DNA.
“Non possiamo cambiare i geni che ereditiamo, ma possiamo cambiare l’ambiente in cui quei geni si esprimono”, scrive.
È la stessa logica dell’epigenetica della longevità: le nostre scelte quotidiane attivano o spengono i geni legati alla salute cerebrale.
Conclusione – Il cervello non ha età
Il messaggio finale di The Ageless Brain è tanto semplice quanto rivoluzionario:
Il declino cognitivo non è una condanna. È una scelta, o meglio, una serie di scelte.
Fare test regolari, adottare una dieta antinfiammatoria, dormire bene, muoversi ogni giorno, mantenere relazioni significative e nutrire la curiosità sono strumenti potentissimi per vivere a lungo e lucidi.
Anche a 60, 70 o 80 anni, il cervello può ringiovanire, se riceve ciò di cui ha bisogno.
Per le persone over 50, il libro di Bredesen è molto più di una guida medica: è un invito alla speranza. Dimostra che la longevità non riguarda solo il numero di anni vissuti, ma la qualità della mente con cui li attraversiamo.
Come scrive l’autore, “il cervello è l’unico organo che migliora quando lo usiamo”. E forse, proprio in questa frase, si nasconde il segreto dell’ageless mind.
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