Chetoni e sensori: come misurare il carburante alternativo del corpo per una longevità attiva

Indice

Quando si parla di longevità, soprattutto dopo i 50 anni, i temi più gettonati sono quasi sempre gli stessi: alimentazione, movimento, gestione dello stress. Ma negli ultimi tempi è comparsa una parola nuova, capace di accendere curiosità: chetoni.

Per qualcuno sono sinonimo di diete drastiche, per altri una moda passeggera. Eppure, se guardiamo da vicino, i chetoni non sono altro che un meccanismo antico, che il nostro corpo utilizza da sempre come piano B energetico. La vera novità sta nella possibilità di misurarli in tempo reale, grazie a sensori di nuova generazione come il CKM System di Sibio, che ho avuto la possibilità di provare personalmente.

Questo ci permette di capire meglio cosa succede dentro di noi e di adattare le nostre scelte quotidiane per vivere più a lungo e meglio.

Che cosa sono i chetoni?

Il corpo, normalmente, funziona a glucosio: zuccheri e carboidrati che bruciamo per produrre energia. Ma quando questa “benzina” scarseggia – durante un digiuno o in una dieta a basso contenuto di carboidrati – il fegato passa a un piano B: inizia a trasformare i grassi in corpi chetonici, cioè in molecole alternative di carburante.

I principali sono tre: beta-idrossibutirrato, acetoacetato e acetone. Tutti e tre hanno due facce:

  • sono una fonte di energia stabile, soprattutto per il cervello;

  • agiscono come messaggeri cellulari, che influenzano processi chiave come infiammazione, metabolismo e invecchiamento.

Non a caso, chi sperimenta la cosiddetta “chetosi nutrizionale” spesso racconta di sentirsi più lucido, con energia stabile e senza i classici alti e bassi degli zuccheri.

Perché i chetoni sono interessanti dopo i 50 anni

Con l’età, il metabolismo diventa meno efficiente: aumenta il rischio di insulino-resistenza, di accumulo di grasso viscerale e di infiammazione cronica. In questo contesto, i chetoni possono giocare un ruolo importante:

  • Gestione del peso: indicano che il corpo sta bruciando grassi, compreso quello viscerale, il più rischioso per cuore e arterie.

  • Salute cerebrale: il cervello usa i chetoni come carburante pulito. Studi collegati al National Institute on Aging stanno esplorando i benefici diete chetogeniche per la funzione cognitiva e la prevenzione di malattie neurodegenerative.

  • Controllo della glicemia: in chetosi i livelli di zucchero nel sangue restano più stabili, riducendo picchi e crolli.

  • Energia ed equilibrio emotivo: l’energia “piatta e costante” dei chetoni può ridurre la stanchezza mentale e dare maggiore stabilità all’umore.

Sfatiamo un mito: non basta togliere pane e pasta per entrare in chetosi

Molti pensano che eliminare carboidrati equivalga automaticamente a entrare in chetosi. Non è così semplice. La capacità di produrre chetoni dipende dal nostro stato metabolico:

  • chi ha molta insulino-resistenza può metterci settimane per raggiungere la chetosi,

  • altri ci arrivano in pochi giorni.

Alcune persone raccontano che mentre a loro bastano 3-4 giorni, altre persone impiegano quasi due settimane per tornare in chetosi dopo un pasto ricco di zuccheri.

Morale: senza misurazioni, si va a tentoni.

Come si misuravano i chetoni (fino a ieri)

Per anni ci siamo arrangiati così:

  • Strisce urine – economiche, ma imprecise.

  • Pungidito nel sangue – affidabili, ma fastidiose.

  • Analisi del respiro – comode, ma poco stabili.

Tutti metodi che fotografano un istante, ma non ci raccontano la storia completa. I chetoni, infatti, cambiano continuamente durante la giornata: salgono dopo il digiuno, scendono dopo un pasto, oscillano con lo sport o lo stress.

La rivoluzione: i sensori continui (CKM)

Ed eccoci alla vera novità. Proprio come esistono i sensori per il glucosio, ora arrivano i sensori continui per i chetoni (CKM – Continuous Ketone Monitor).

Il SiBio CKM è il primo dispositivo al mondo di questo tipo:

  • si applica con un piccolo sensore sul retro del braccio,

  • comunica con un’app sullo smartphone,

  • dopo 30 minuti di attesa inizia a trasmettere i valori, 24 ore su 24, per due settimane.

Sul telefono compare un grafico dei tuoi livelli di chetoni, e puoi annotare cosa hai mangiato, quando hai fatto sport, se hai dormito bene. Così inizi a vedere connessioni che prima erano invisibili.

Cosa ci raccontano i grafici del CKM

Usare un CKM significa finalmente capire come reagisce il proprio corpo, non quello di qualcun altro. Alcuni esempi pratici:

Lo sgarro del weekend
Dopo dolci e carboidrati, i livelli di chetoni crollano a zero.

L’esercizio fisico
Durante l’attività intensa i chetoni scendono (perché vengono bruciati), per poi risalire dopo.

Cibi insospettabili
Alcuni alimenti “low carb”, come certi latticini, in alcune persone abbassano i chetoni. Solo con il monitoraggio costante ci si accorge di queste reazioni individuali.

Il digiuno
Con il digiuno ho visto arrivare a 7,0 mmol/L. Un segno potente che il corpo stava usando le riserve di grasso.

Quali sono i livelli di chetosi?

Secondo le linee guida dell’app di SiBio:

  • <0,5 mmol/L – non sei in chetosi

  • 0,5 – 1,5 mmol/L – chetosi nutrizionale

  • 1,5 – 3,0 mmol/L – zona ottimale (per l’app)

  • 3,0 – 5,0 mmol/L – chetosi medio-alta

  • 5,0 – 8,0 mmol/L – alta chetosi

Va detto che la “zona ottimale” è soggettiva: ognuno può scoprire il proprio range ideale, quello in cui si sente meglio fisicamente e mentalmente.

I chetoni si esprimono principalmente in millimoli per litro (mmol/L) nel sangue

Perché un CKM è utile soprattutto dopo i 50 anni?

Dopo i 50 anni, avere un feedback continuo diventa prezioso:

  • ti mostra se davvero sei in chetosi e per quanto tempo,

  • ti aiuta a regolare digiuno e alimentazione in modo personalizzato,

  • ti permette di evitare estremi e di sperimentare in sicurezza,

  • ti collega numeri e sensazioni: se ti senti lucido, puoi verificare che i chetoni siano effettivamente alti.

È come avere un piccolo coach metabolico sempre al tuo fianco.

A chi può servire di più?

Un CKM può essere utile a tanti, ma in particolare a:

  • Chi segue una dieta chetogenica o low carb – per capire come reagisce il proprio corpo.

  • Chi soffre di insulino-resistenza – per vedere quanto tempo ci mette a entrare e restare in chetosi.

  • Chi vuole prevenire problemi cognitivi – visto che i chetoni sono un carburante per il cervello.

  • Chi ha curiosità e voglia di sperimentare – perché avere dati reali è sempre meglio che affidarsi a supposizioni.

Alcuni studi citano possibili benefici anche in campi delicati come salute mentale e oncologia, ma in questi casi l’uso deve sempre essere supervisionato dal medico.

Limiti e precauzioni

Un CKM non è un gioco:

  • la tecnologia è nuova, va ancora perfezionata,

  • non esiste un livello “magico” valido per tutti,

  • inseguire chetoni troppo alti può essere rischioso,

  • chi ha patologie croniche deve sempre parlarne con il medico.

Conclusione: la longevità parte dalla consapevolezza

I chetoni non sono una moda: sono un meccanismo biologico che ci accompagna da millenni. La differenza è che oggi abbiamo la tecnologia per osservarli in tempo reale.

Il SiBio CKM, che ho testato, è uno strumento interessante proprio perché ci permette di trasformare la longevità da concetto astratto a esperienza concreta: finalmente possiamo vedere come il nostro corpo risponde alle scelte di ogni giorno.

Non significa inseguire l’eterna giovinezza, ma imparare ad ascoltarci meglio. Perché la vera longevità, dopo i 50 anni, non è vivere più a lungo a tutti i costi: è vivere bene, con energia e consapevolezza.

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Unboxing e inserimento del sensore SiBio CKM

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