Oltre il corpo anche la mente deve rimanere sana e attiva
Why We Die
The New Science of Longevity
di Venki Ramakrishnan
"Non siamo programmati per morire." Con questa frase forte e spiazzante, il premio Nobel per la chimica Venkatraman Ramakrishnan introduce il cuore del suo libro Why We Die: The New Science of Longevity. Un’opera monumentale che non solo cerca di rispondere alla domanda fondamentale della nostra esistenza – perché moriamo? – ma lo fa con la chiarezza e la passione di uno scienziato che ha passato la vita a studiare la biologia strutturale, i processi cellulari e l’invecchiamento. E che oggi, a settant’anni, affronta questi temi con uno sguardo disincantato, ma profondamente umano.
Chi è l’autore?
Venki Ramakrishnan è un biologo strutturale nato in India nel 1952, noto per i suoi studi sul ribosoma. Ha ricevuto il Premio Nobel per la Chimica nel 2009 per aver decifrato la struttura del ribosoma a livello atomico. Dopo un dottorato in fisica, si è dedicato alla biologia molecolare. È stato presidente della Royal Society dal 2015 al 2020. Tra i suoi libri più noti: Gene Machine e Why We Die.
Un libro per chi vuole capire (e non solo sperare)
Il libro di Ramakrishnan non è una guida al biohacking né una raccolta di promesse su come vivere 150 anni. È un saggio scientifico, certo, ma scritto con l’intento di offrire uno sguardo onesto, obiettivo e accessibile sul funzionamento della vita e sui motivi per cui, inevitabilmente, questa si spegne. Un libro perfetto per chi ha superato i 50 e comincia a fare i conti non solo con l’età, ma con il senso del tempo e del corpo che cambia.
L'autore parte da una verità spesso ignorata: moriamo come individui, ma le nostre cellule vivono e muoiono continuamente anche quando siamo perfettamente in salute. Questa distinzione tra morte cellulare e morte dell’organismo è il primo passo per capire come funziona davvero il processo dell’invecchiamento.
Capitolo dopo capitolo: cosa ci racconta Why We Die
1. Che cos’è la morte?
La morte non è un evento puntuale, ma un processo. Ramakrishnan la definisce come la perdita irreversibile della capacità di funzionare come un individuo coerente. Anche quando il cuore smette di battere, molti organi e cellule sono ancora vivi e utilizzabili per i trapianti. Un paradosso che apre la porta a una riflessione profonda sulla fragilità dell’equilibrio che chiamiamo “vita”.
2. Non siamo programmati per morire
Una delle intuizioni più potenti del libro è che la morte non è scritta nei nostri geni. L’evoluzione non ci programma per morire: si “accontenta” che riusciamo a sopravvivere fino alla riproduzione. Dopo di che, tutto quello che accade – deterioramento, declino, malattia – è un effetto collaterale. In altre parole, l’invecchiamento non è inevitabile per legge naturale, ma un compromesso dell’evoluzione.
3. Il mito dell’usura
Siamo soliti pensare all’invecchiamento come all’usura di una macchina. Ma Ramakrishnan spiega che questa metafora è ingannevole. Le cellule si “usurano” ogni giorno anche nei bambini eppure si rigenerano. La vera chiave sta nel bilancio energetico che ogni organismo fa tra crescita, riproduzione e riparazione. Alcuni animali vivono pochissimo perché investono tutto nella rapidità riproduttiva, altri – come l’uomo – hanno evoluto strategie diverse.
4. Lezioni da un umile verme
In un capitolo particolarmente affascinante, l'autore racconta cosa possiamo imparare dagli organismi modello, come il verme C. elegans. Molti meccanismi cellulari sono stati scoperti proprio studiando questi esseri semplicissimi. Ma attenzione: non tutto è trasferibile all’uomo, e chi sostiene di aver trovato l’elisir di lunga vita nei vermi spesso dimentica che le stesse mutazioni, se applicate a noi, causano gravi problemi.
5. Il grande inganno dell’anti-aging
Uno dei capitoli più “militanti” del libro riguarda la pseudoscienza dell’invecchiamento. Ramakrishnan mette in guardia contro le mode del biohacking estremo, gli integratori miracolosi, le promesse di giovinezza eterna. Spesso dietro queste affermazioni si nasconde poco più che marketing. Per un pubblico over 50, questa è una voce rassicurante e lucida, che invita a distinguere tra scienza seria e illusioni vendute a caro prezzo.
6. Le implicazioni etiche della longevità
Vivere più a lungo può sembrare un obiettivo universalmente positivo. Ma Ramakrishnan ci invita a riflettere: una società composta in prevalenza da anziani potrebbe diventare stagnante, meno creativa e meno dinamica. Non solo: se vivessimo per sempre, perderemmo anche il senso dell’urgenza, della progettualità, della vita stessa. Una lezione che parla direttamente a chi, superati i 50, si trova spesso a riflettere su come dare senso al tempo che resta.
Perché leggere Why We Die dopo i 50 anni
Chi ha passato la soglia dei 50 ha visto il proprio corpo cambiare. Le prime rughe, la stanchezza diversa, il sonno che si modifica. Ma anche nuove consapevolezze, libertà, voglia di prendersi cura di sé. Questo libro non offre soluzioni magiche, ma strumenti per capire davvero cosa succede al nostro corpo e alla nostra mente. E capire è, spesso, il primo passo per vivere meglio.
Ramakrishnan non si schiera contro le ricerche sulla longevità. Al contrario, è affascinato dai progressi scientifici. Ma chiede onestà, rigore e soprattutto equilibrio. Sottolinea come il desiderio di vivere più a lungo debba essere accompagnato dal desiderio di vivere meglio, in salute e con dignità.
Una lettura per chi vuole invecchiare con intelligenza
In un’epoca in cui la longevità è diventata una parola di moda, Why We Die è un antidoto contro le illusioni. Non perché sia pessimista – al contrario. È un libro pieno di meraviglia per la complessità della vita, e di speranza nella possibilità di comprenderla sempre meglio.
Per il pubblico di .dopo50, questo libro è una lettura fondamentale. Aiuta a riformulare il rapporto con il tempo, il corpo, l’invecchiamento e accompagna nel viaggio della vita con una guida d’eccezione – un uomo che ha vinto un Nobel studiando le più piccole componenti dell’esistenza, ma che non ha perso la capacità di farsi le grandi domande.
Conclusioni
Leggere Why We Die è come entrare in un laboratorio, ma anche in una riflessione filosofica. È un’opera che combina rigore scientifico, profondità umana e un pizzico di ironia. È un libro per chi non ha paura di guardare in faccia la vita, e nemmeno la morte.
E in fondo, come suggerisce Ramakrishnan, forse non dobbiamo temere tanto la morte quanto il non aver capito cosa significa davvero vivere.
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