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Maria Branyas, 117 anni di vita e di saggezza: cosa ci insegna la donna più longeva del mondo

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Immagina di aver vissuto due guerre mondiali, una guerra civile, due pandemie globali e più di un secolo di cambiamenti sociali, tecnologici e culturali. È la vita straordinaria di Maria Branyas Morera, nata nel 1907 a San Francisco e morta serenamente nel sonno nell’agosto 2024, a 117 anni e 168 giorni. Era la donna più anziana del mondo e la persona più longeva mai vissuta in Spagna.

Ma la cosa più sorprendente è che, al momento della sua morte, il corpo di Maria era biologicamente più giovane di 23 anni. Il suo organismo funzionava come quello di una donna di novant’anni, nonostante avesse superato abbondantemente i cento.
La scienza, affascinata da questo miracolo vivente, ha deciso di indagare a fondo per capire come fosse possibile.

Dalla guerra alla guarigione dal COVID: una vita da romanzo

Maria Branyas non è stata solo un fenomeno biologico, ma una testimone diretta della storia del XX e XXI secolo. Figlia di genitori catalani emigrati in America, tornò in Spagna nel 1915, quando aveva otto anni.
Durante la Guerra Civile Spagnola, servì come infermiera in un ospedale da campo insieme al marito medico, aiutando i feriti in condizioni estreme.

Nel 2000, all’età di 93 anni, si trasferì in una casa di riposo a Olot, in Catalogna. Ma la sua forza interiore non l’ha mai abbandonata. Nel 2020, durante la pandemia, è diventata la persona più anziana al mondo a guarire dal COVID-19, a 113 anni.

Quando le chiesero il suo segreto, rispose con la semplicità di chi ha visto tutto:

“Nessun eccesso, ma tanta curiosità per la vita.”

Il corpo più giovane del mondo

Alla sua morte, Maria aveva deciso di donare il corpo alla scienza. L’Università di Barcellona, guidata dal professor Manel Esteller, ha analizzato il suo sangue, la saliva, le urine e il microbioma intestinale. I risultati, pubblicati su Cell Reports Medicine, sono stati sorprendenti.

Il suo sistema immunitario era ancora efficiente: le cellule T “memoria”, fondamentali per riconoscere virus e batteri, erano attive e ben regolate.
Il suo metabolismo lipidico era quasi perfetto: bassissimi livelli di trigliceridi e colesterolo VLDL, e un colesterolo HDL altissimo, con lipoproteine grandi e mature — segno di un sistema cardiovascolare in eccellente salute.

Il suo microbioma intestinale, poi, somigliava a quello di una persona molto più giovane: abbondanza di Bifidobacterium e Lactobacillus, batteri “buoni” che migliorano l’assorbimento dei nutrienti e riducono l’infiammazione.
Non a caso, Maria amava mangiare fino a tre yogurt al giorno, senza zuccheri aggiunti — una semplice abitudine che oggi la scienza conferma come potente alleata della longevità.
Curiosità: L'azienda che produce lo yogurt che mangiava Maria ha incrementato le vendite del 30%!

Un’epigenetica da primato

L’analisi epigenetica ha rivelato che il suo orologio biologico era di circa 23 anni più giovane della sua età anagrafica.
Questo significa che le sue cellule “funzionavano” come quelle di una donna di poco più di 90 anni.
Come spiegano gli studi di David Sinclair, genetista di Harvard e autore di Longevità. Perché invecchiamo e perché non dobbiamo farlo, l’età biologica è influenzata da stile di vita, alimentazione, sonno e gestione dello stress (trovate la recensione del libro nel nostro Book Club qui).

Maria, senza conoscere la parola “epigenetica”, aveva vissuto seguendo intuitivamente le regole che oggi sappiamo essere alla base dell’invecchiamento sano: moderazione, regolarità e curiosità.

Il paradosso dei telomeri

C’è però un dettaglio che ha incuriosito molto gli scienziati: i telomeri di Maria, le estremità protettive dei cromosomi che si accorciano a ogni divisione cellulare, erano tra i più corti mai osservati.
In teoria, telomeri corti indicano un forte invecchiamento cellulare. Eppure, Maria non ha mai sviluppato né cancromalattie neurodegenerative.

Come è possibile?
Una teoria suggerisce che telomeri molto corti possano agire come una barriera naturale contro la proliferazione delle cellule tumorali. Quando una cellula non può più dividersi, non può nemmeno diventare maligna.

Nel suo genoma erano presenti mutazioni potenzialmente rischiose, come in TET2 e SF3B1, ma il suo corpo le aveva neutralizzate. Forse grazie a una combinazione unica di geni, immunità e stile di vita, Maria aveva trovato un equilibrio perfetto.

Mitocondri “ventenni” in un corpo centenario

Un altro risultato straordinario riguarda i suoi mitocondri, le centrali energetiche delle cellule.
Gli scienziati hanno osservato che il suo potenziale mitocondriale era più alto di quello di donne di 70 o 80 anni. In pratica, le sue cellule producevano energia come quelle di una persona molto più giovane.

Varianti rare nei geni ND5, COX1 e MTCH2 potrebbero aver mantenuto efficienti i suoi meccanismi di produzione energetica.
Questo dato è coerente con le ricerche pubblicate su Nature Aging, che mostrano come la salute mitocondriale sia una delle chiavi della longevità: mitocondri efficienti significano meno infiammazione, più vitalità e una migliore funzionalità muscolare.

I sei pilastri della longevità secondo Maria

Dalle sue interviste e dalle testimonianze raccolte nel tempo, emergono sei principi di vita che Maria seguiva con naturalezza — e che trovano oggi conferma nella ricerca scientifica.

  • Benessere mentale e connessioni sociali
    “Evitate la negatività”, diceva. Maria coltivava la pace interiore, la gratitudine e relazioni forti con chi la circondava.
    Numerosi studi, incluso l’Harvard Study of Adult Development, dimostrano che la qualità delle relazioni è il più forte predittore di longevità.

  • Attività fisica costante
    Non andava in palestra, ma si muoveva sempre. Fino a 108 anni suonava il pianoforte, mantenendo mani e mente in allenamento.
    La ricerca del National Institute on Aging conferma che anche un’attività fisica moderata e quotidiana riduce il rischio di mortalità del 30%.

  • Stimolazione mentale continua
    Fino a 110 anni leggeva il giornale ogni giorno. Mantenere la mente attiva rallenta il declino cognitivo, come dimostrano numerosi studi su Neurology e The Journal of Alzheimer’s Disease.

  • Dieta moderata e naturale
    Niente eccessi, porzioni piccole, alimenti semplici. Lo yogurt, simbolo della sua dieta, era il suo rito quotidiano.
    È un principio condiviso con le Zone Blu, dove la moderazione calorica e la dieta mediterranea autentica sono centrali per la longevità.

  • Evitare le cattive abitudini
    Mai fumato, mai bevuto alcolici. È una delle correlazioni più solide in letteratura: evitare fumo e alcol prolunga la vita di 10-15 anni in media, secondo BMJ (2018).

  • Geni e fortuna, ma anche curiosità
    Maria riconosceva il ruolo dei geni, ma diceva che senza curiosità e serenità non avrebbe vissuto così a lungo.
    In altre parole, la fortuna può darti tempo, ma solo la pace interiore lo rende tempo ben speso.

Il contributo alla scienza

Maria non è stata solo una testimone di longevità, ma una collaboratrice attiva della scienza.
Donando il suo corpo alla ricerca, ha permesso di studiare come genetica, immunità, microbioma e ambiente possano interagire nel mantenere il corpo giovane.

Il suo caso, uno dei più documentati di sempre, offre una nuova prospettiva: l’invecchiamento non è solo una questione di anni, ma di equilibrio.
E forse, la longevità estrema non è un miracolo, ma un’armonia che si costruisce giorno dopo giorno.

Cosa possiamo imparare noi over 50

La storia di Maria ci lascia una lezione semplice ma profonda: la longevità non è un traguardo da raggiungere, ma un’arte da praticare ogni giorno.
Non servono integratori miracolosi o diete rigide, ma una combinazione di serenità, moderazione e curiosità.

Mangiare bene, dormire bene, pensare bene: tre azioni quotidiane che, come nel caso di Maria, possono trasformare la vita in un viaggio lungo e leggero.
E, soprattutto, imparare a vivere con stupore — la qualità che Maria ha conservato fino all’ultimo giorno.

Una vita che illumina

Quando il suo corpo è stato studiato, i ricercatori cercavano geni speciali. Ma forse il vero segreto di Maria Branyas era la sua lucidità gentile: la capacità di restare curiosa, di mantenere la mente viva e il cuore in pace.
Non ha mai cercato di sfuggire alla vecchiaia. L’ha accolta, trasformandola in una forma di saggezza.

Il suo messaggio per noi, oggi, è limpido:

“La vita è bella se impari a guardarla con calma.”

A 117 anni, Maria non ha sconfitto il tempo.
Lo ha semplicemente reso suo amico.

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